CON IL NUOVO CODICE NON CAMBIA LA BANCAROTTA

06 febbraio 2020

Con il nuovo Codice della crisi non c'è stata depenalizzazione. Non cambiano cioè i presupposti civilistici del reato di bancarotta. Lo chiarisce la Corte di cas­sazione con la sentenza n. 4772 della Quinta sezione penale depositata ieri. Bollato quindi con l'inam­missibilità il ricorso presenta­to dalla difesa di un imputato contro la pena, peraltro ogget­to di patteggiamento, cui era stato condannato per avere ri­portato nei bilanci di esercizio di una srl dichiarata fallita fat­ti non corrispondenti a verità, nascondendo perdite tali da annullare il patrimonio netto, provocando così il dissesto della società.

L'unico motivo alla base del­l'impugnazione era costituito dal cambiamento della legge extra penale messa a fonda­mento dei fatti di bancarotta fraudolenta: determinante sa­rebbe stata l'approvazione del nuovo Codice della crisi, decre­to legislativo n. 14 del 2019 di riforma della legge fallimenta­re, e, in particolare, degli arti­coli 389 e 39o. La risposta della Corte di cas­sazione è netta: non c'è stata abolitio criminis.

Tra l'altro, le norme civilistiche di riferimento neppure sono en­trate in vigore, visto che lo saran­no solo dal prossimo 15 agosto.

In ogni caso, il nuovo Codice della crisi è in dichiarata conti­nuità con le fattispecie penali antecedenti.

E neanche la difesa ha soste­nuto l'applicazione della, que­sta sì nuova, causa di non puni­bilità per tenuità del fatto oppu­re della relativa attenuante per coprire la condotta dell'impren­ditore che, in un contesto di danni di relativa gravità, si è at­tivato con l'Ocri (Organismo di composizione della crisi d'im­presa) e comunque per una so­luzione concordata della crisi.

Quanto poi alla disciplina ci­vilistica, che di quella penale rappresenta un presupposto, la sentenza della Corte di cassazio­ne sottolinea come le novità sia­no più terminologiche che di so­stanza. A venire sostituito è il termine «fallimento» con «li­quidazione» e a venire distribui­ti diversamente sono compiti e poteri del giudice delegato, del curatore, dei creditori e del sog­getto interessato e le diverse scansioni processuali.

Non abbastanza per fare rite­nere che sia stato investito da un significativo cambiamento anche il presupposto dell'«in­solvenza dell'impresa» sul qua­le si fondano le norme penali che, infatti, sono rimaste inal­terate, tranne nell'aggiorna­mento del lessico dei nuovi pre­supposti di applicabilità.

Il ricorso è così giudicato inammissibile, tanto più poi che il Codice di procedura pe­nale lo ritiene possibile con­tro la sentenza di patteggia-mento solo per motivi che ri­guardano l'espressione della volontà dell'imputato, il di­fetto di collegamento fra la ri­chiesta e la sentenza, l'erro­nea qualificazione del fatto, e l'illegalità della pena o della misura di sicurezza.

 

(Dal il Sole 24 Ore del 05/02/2020)

 

 

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