COSI’ LA NUDA PROPRIETA’ ESENTA LE QUOTE CEDUTE CON IL PATTO DI FAMIGLIA

11 marzo 2020

Angelo Busani

Niente imposta di donazione per il patto di famiglia con il quale tre fratelli, comproprietari di una quo­ta di partecipazione del 100% del capitale sociale della holding di fa­miglia (Beta), cedono alla comu­nione formata dai rispettivi figli la nuda proprietà della quota di con­trollo della holding, unitamente al relativo diritto di voto, mantenen­do l'usufrutto della quota e il diritto agli utili in capo ai disponenti.

Così sancisce l'agenzia delle En­trate nella risposta a interpello n. 37 del 7 febbraio 2020 - commentata in prima battuta sul Sole 24 Ore dell'8 febbraio -, ove afferma l'applicabili­tà al caso esaminato dell'agevolazio­ne di cui all'articolo 3, comma 4-ter, del Dlgs 346/1990 (Tus, testo unico dell'imposta di successione), vale a dire la completa esenzione da impo­sta di donazione del trasferimento della quota di partecipazione che è oggetto del patto di famiglia.

Il meccanismo

Questo pronunciamento è assai interessante perché (si veda lo schema a fianco):

  • prende in considerazione una fattispecie il cui presupposto è la costituzione di una holding (Beta) mediante il conferimento, da parte di tre fratelli, delle proprie indivi­duali quote di partecipazione pari­taria al capitale sociale di una so­cietà operativa (Alfa);

  • da detto conferimento di quote del­la società Alfa fuoriesce una situazio­ne di comunione tra i tre fratelli con­ferenti avente a oggetto l'intero capi­tale sociale della holding Beta;

  • con un patto di famiglia, avente a oggetto una quota di partecipazione al capitale della società holding Beta, viene passato ai figli dei tre fratelli conferenti il controllo di Beta; e ciò, non attraverso il trasferimento del diritto di piena proprietà di una quo­ta di controllo, ma mediante il trasfe­rimento del solo diritto di nuda pro­prietà della quota di controllo (dotato del diritto di voto in assemblea), in quanto i disponenti mantengono, in comunione fra loro, il diritto di usu­frutto (e il relativo diritto agli utili.

L'esenzione

Va notato, infine, che entrambe le risposte n. 37 e 38 riguardano casi in cui, in esito al patto di famiglia, vi è una situazione di comunione (tra i di­scendenti del disponente) con riguar­do alla quota di controllo oggetto del patto stesso: nella n. 37 si tratta di tre fratelli che donano a una comunione formata dai loro rispettivi figli, nella n. 38 è un padre che pianifica il pas­saggio della sua quota di controllo a una comunione tra i suoi figli.

Altresì vi è da notare che le Entra­te, non accennando nulla sul punto, evidentemente non rilevano nulla di elusivo nel fatto che tre fratelli "tra­sformino" le quote di partecipazio­ne al capitale della società operativa di rispettiva individuale titolarità (che non sono quote "di controllo", essendo di caratura inferiore al 50,01%) in una sola quota di parteci­pazione al capitale della società hol­ding la quale, essendo di loro titola­rità in regime di comunione, perciò diventa automaticamente una quo­ta di controllo (coincidendo con il 100% del capitale sociale) e, quindi, suscettibile di beneficiare della pre­detta agevolazione di cui all'articolo 3, comma 4-ter, Tus.

In sostanza, con la risposta 37/2020 (e con la coeva risposta a interpello 38/2020) si ottiene la certezza che l'esenzione da imposta di donazione (articolo 3, comma 4-ter, Tus) si con­segue anche se la quota di controllo (quella che assicura il 50,01 dei voti nell'assemblea ordinaria della società partecipata e, cioè, l'assemblea dove si nominano le cariche sociali e si ap­prova il bilancio) non sia trasferita, con patto di famiglia, per il diritto di piena proprietà, ma "solo" per il dirit­to di nuda proprietà, a condizione che il nudo proprietario, per convenzione con il disponente, abbia la titolarità del diritto di voto in assemblea ordi­naria (e mantenga la titolarità della quota di controllo per almeno 5 anni dalla data del patto di famiglia).

Si tratta, dunque, di un diritto di usufrutto "a contenuto limitato": in­fatti, di regola, all'usufruttuario di una quota di partecipazione al capita­le di una società spettano sia il diritto di voto in assemblea sia il diritto a ri­scuotere gli utili. Ma, mentre la titola­rità del diritto agli utili non è mai sot­traibile al soggetto titolare del diritto di usufrutto (che, altrimenti, subireb­be un attentato alla sua stessa intrin­seca natura), la titolarità del diritto di voto non è inscindibilmente legata al­l'usufruttuario. Lo ammette il Codice civile, secondo il quale nel caso di usufrutto «il diritto di voto spetta, sal­vo convenzione contraria, ...all'usu­fruttuario» (articolo 2352, comma1)

 

(Dal il Sole 24 Ore del 09/03/2020)

 

 

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