I CREDITORI POSSONO AGIRE PER I BENI DEL DISEREDATO

06 aprile 2020

 

Angelo busani

     Se il de cuius disereda (con dona­zioni o con il testamento) un suo legittimario, i creditori di quest'ul­timo possono agire con l'azione surrogatoria al fine di potersi sod­disfare sui beni che costituirebbe­ro la quota di legittima del legitti­mario diseredato qualora questi esercitasse l'azione di riduzione contro le donazioni o il testamento che ledono la sua legittima. È que­sto il rilevante principio espresso dalla sentenza 16623 di ieri, nella quale la Cassazione per la prima volta affronta questa assai contro­versia materia.

     Il caso è, ad esempio, quello del de cuius Tizio che nomina erede il figlio Caio (o gli dona tutto il suo patrimonio) senza lasciare nulla a favore dell'altro figlio Sempronio, sapendo bene che quest'ultimo si trova in una grave situazione debi­toria (senza avere i mezzi suffi­cienti per farvi fronte): se, dunque, egli ricevesse una donazione o un'attribuzione ereditaria, i suoi personali creditori potrebbero ap­profittare di questo suo incremen­to patrimoniale per soddisfare le loro ragioni.

     Al legittimario che non conse­gua la quota di legittima la legge concede la cosiddetta azione di ri­duzione, che è l'azione che si pro­muove in giudizio per ottenere, con l'impugnazione del testamen­to e delle donazioni, quando la leg­ge gli riserva come quota di legitti­ma. E' chiaro che se il legittimario pretermesso rimane inerte e non agisce in riduzione, indirettamente i suoi creditori ne hanno un con­seguente nocumento, in quanto il patrimonio del loro debitore non si incrementa in misura pari alla quota di legittima che il legittima­rio acquisirebbe agendo in ridu­zione delle disposizioni lesive.

     In questa materia, si tratta per­tanto di bilanciare due contrappo­ste esigenze: da un lato, la libertà di esercizio di diritti di natura perso­nale quale è propriamente quello del chiamato all'eredità di accetta­re o meno l'eredità; dall'altro lato, l'esigenza di preservare la garanzia patrimoniale dei creditori (e, quin­di, il diritto al conseguimento del­l'effettivo soddisfacimento delle loro legittime ragioni creditorie). Secondo la Cassazione, dunque, al creditore del legittimario deve ri­conoscersi la titolarità all'esercizio in via surrogatoria dell'azione di riduzione, al fine di rendere ineffi­caci le disposizioni lesive della quota di legittima; esercitando in via surrogatoria l'azione di ridu­zione, i creditori possono pertanto agire per far valere il diritto e l'azione che sarebbero spettati al legittimario.

     La sentenza 16623/2019 tiene peraltro a precisare che il ricono­scimento ai creditori del legittima­rio pretermesso dell'esperibilità dell'azione surrogatoria dell'azio­ne di riduzione non contrasta con il consolidato principio, secondo cui il legittimario pretermesso ac­quista la qualità di erede soltanto all'esito del positivo esperimento dell'azione di riduzione: infatti, se tale azione non comporta, in con­creto, l'acquisizione di beni da par­te del legittimario, l'acquisto della qualità di erede non ha luogo. Ne deriva che la facoltà di esercitare l'azione di riduzione, è «un prius rispetto all'accettazione e al conse­guimento dell'eredità» che posso­no anche non verificarsi.

 

(Dal il Sole 24 Ore del 21/06/2019)

 

 

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