QUANDO LA CASA ALL’EX VINCE SULLA PROPRIETA’

07 aprile 2020

Angelo Busani

     Diritto di proprietà contro diritto di abitazione della casa(ex) coniugale in caso di separazione e divorzio: un conflitto che nel tempo - all'aumenta­re delle famiglie in crisi - ha sempre più impegnato i tribunali. La Cassa­zione, in un'articolata ordinanza (n. 9990 del io aprile 2019, commentata in prima battuta sul Sole 240re dell'U aprile) ha dettato un nuovo principio di diritto e ha colto l'occasione per fare un utile punto sul tema - assai compli­cato anche perla variegatezza delle si­tuazioni concrete - ripercorrendone la storia dalla riforma del diritto di fa­miglia (legge 151/1975) a oggi.

     Il tutto ha valore anche per le unioni civili (equiparate al matrimonio) e le convivenze, come stabilito espressa­mente dalla legge Cirinnà, la 76/2016.

Il nuovo principio

     I coniugi Tizio e Caia abitano nella casa di proprietà di Tizio. Tizio vende la casa a Sempronio ma i coniugi continuano ad abitarla. Tizio e Caia si separano. Caia è dichiarata collo­cataria dei figli dal giudice della se­parazione, il quale le attribuisce a Ca­ia diritto di abitare nella casa. Per l'ordinanza n. 9990/2019 nel conflit­to tra il diritto di abitazione di Caia e il diritto del proprietario Sempronio a disporre della casa:

  • prevale Caia (e, quindi, Sempronio subisce il fatto che Caia continui ad abitare nella casa con i suoi figli), se si dimostra che Sempronio ha compra­to la casa con un contratto nel quale è stata inserita una «clausola di rispet­to» del fatto che la famiglia dell'ex co­niuge venditore avrebbe potuto con­tinuare ad abitarvi; o se si dimostra che Sempronio ha stipulato un co­modato con Tizio e/o con Caia;

  • prevale Sempronio (e, quindi, Ca­ia deve andarsene ad abitare altro­ve), nel caso in cui la predetta dimo­strazione non abbia successo; in particolare, non è sufficiente a Caia addurre «la mera consapevolezza da parte del terzo, al momento del­l'acquisto, della pregressa situazio­ne di fatto di utilizzo del bene im­mobile da parte della famiglia».

I principi acquisiti

     La Cassazione, rimettendo in fila il pregresso, inizia il suo ragionamento ricordando che è principio consolida­to (Sezioni unite, n. 13603/2004) quello secondo il quale il provvedi­mento del giudice della separazione o del divorzio, che attribuisce l'abita­zione della casa familiare al coniuge collocatario della prole, non modifica (e, quindi, lascia intatto) il diritto del soggetto che è proprietario del bene: il provvedimento giudiziale costitui­sce un «autonomo titolo di detenzio­ne qualificata» della casa coniugale «in dipendenza del negozio di tipo fa­miliare» originatosi per effetto della «convivenza coniugale» o della con­vivenza «more uxorio»; e ciò al fine di «tutelare esclusivamente l'interesse della prole a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta».

     Il ragionamento della Cassazione prosegue poi prendendo in esame il caso in cui la ex casa coniugale, asse­gnata in abitazione al coniuge collo­catario della prole, venga alienata (dopo il provvedimento giudiziale di assegnazione) dal soggetto che ne sia il proprietario.

     Dopo aver ricordato che detto di­ritto di abitazione è da qualificarsi co­me un «atipico diritto personale di godimento» (Sezioni unite, n. 11096/2002), la Cassazione rammen­ta la sentenza della Corte costituzio­nale (n. 454/1989) con la quale si è sancito che il provvedimento di asse­gnazione della casa è opponibile al terzo acquirente anche se non tra­scritto nei Registri immobiliari (come è opponibile al terzo acquirente una locazione infra novennale) e che la trascrizione vale solo ai fini di rendere il provvedimento opponibile anche oltre il novennio del diritto di abita­zione del coniuge assegnatario.

Gli altri casi

Resta da capire cosa succeda se:

1) la casa sia alienata da uno o da en­trambi i coniugi, che ne fossero i pro­prietari (ma essi continuino comun­que ad abitarvi in un rapporto di co­modato, esplicito o implicito), prima che intervenga il provvedimento giu­diziale di assegnazione del diritto di abitazione;

2)1a casa sia abitata dai coniugi in for­za di un contratto di comodato (classi­co è il caso dell'abitazione concessa in comodato dai genitori dello sposo) e intervenga il provvedimento giudi­ziale di assegnazione del diritto di abitazione.

     L'ordinanza n.9990/2019 sancisce dunque che, mentre la locazione (e l'assegnazione della casa in locazione) sono opponibili al terzo acquirente (articolo 1599 del Codice civile: per al­meno un novennio o anche oltre, se trascritta), il comodato e l'assegnazio­ne della casa in comodato non sono opponibili al terzo acquirente (Sezioni unite, n. 20448/2014). E così, l'acqui­rente della casa concessa in comodato può pretendere che il comodatario (e l'assegnatario della casa in comodato) se ne vadano immediatamente, ame­no che, comprando, l'acquirente abbia dichiarato "rispetto" per l'esistente contratto di comodato o abbia stipula­to, espressamente o implicitamente, un nuovo contratto di comodato.

(Dal il Sole 24 Ore del 29/04/2019)

Archivio news